Formazione di giovani e giocatori in miniera: la Corea risponde

dall’intervista a goal.com
Domanda – Quali sono i progetti di formazione dei giovani calciatori?
Ri Kang Hong – Attualmente, in Corea, si rafforzano soprattutto i giovani calciatori di 10-15 anni; gli allenatori dei gruppi sportivi locali, fondamentalmente, sono tutti calciatori che hanno giocato in nazionale, loro hanno visto com’è il mondo. Per prima cosa si tengono delle selezioni, una volta l’anno, in tutte le provincie del paese – che sarebbero l’equivalente delle prefetture giapponesi -, dove si raccolgono i germogli migliori, e le ultime prove si tengono a Pyongyang. Per ogni anno scolastico si individuano trenta allievi e venti allieve, cinquanta persone in tutto, per la formazione. Trascorso un periodo compreso tra sei mesi e un anno, i ragazzi selezionati tornano sul posto per partecipare a una serie di incontri d’allenamento; se non si fanno progressi, si viene scartati, perciò la competizione è molto accesa. Per questo motivo, i ragazzi, in gara, corrono con grande impegno, si danno un gran daffare.
Domanda – Secondo alcune notizie di seconda mano, dei calciatori sarebbero stati deportati in una miniera di carbone e costretti ai lavori forzati per via della sconfitta in Sudafrica.
Ri Kang Hong – Mandati in una miniera per aver perso? Niente del genere. [risata] In realtà, non si è fatto altro che tirare le somme sulle ragioni della sconfitta e sul perché siamo stati sconfitti per così tanto. Se si venisse mandati davvero in miniera, allora avrebbero dovuto deportare per primo il segretario generale della Federazione Calcistica Coreana, eppure lui è ancora segretario generale. Se si venisse puniti per aver perso nello sport, allora nessuno farebbe più sport. I funzionari del Partito Coreano del Lavoro, se commettono qualche errore, vengono davvero mandati a lavorare, insieme alla gente comune, perché provino in prima persona a vivere con loro. Sarà questo, forse, che gli altri paesi definiscono “lavoro forzato”, ma si tratta soltanto di fargli acquisire familiarità con il lavoro dei contadini.