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Una nuova “diplomazia del basket”

Una nuova “diplomazia del basket”

 

Marco Bagozzi

Sport e diplomazia da sempre sono due traiettorie che corrono spalla a spalla e spesso corrono in soccorso l’una dell’altra. Recentemente abbiamo avuto l’ennesima conferma: ad unire la Corea Popolare e gli Stati Uniti, nemici a tutti i livelli, è stata una partita di pallacanestro.
Già nella fine degli anni ’90 attraverso il basket la Corea Popolare cercò una via diplomatica per trovare degli accordi di coesistenza con Washington: dapprima fu Ri Myong-Hun, la stella coreana a cercare un ingaggio nella NBA, negato dalle leggi di Washington, successivamente il 31 maggio del 1998 una formazione di college statunitense fu ospitata a Pyongyang per un’amichevole (127-83 per la nazionale coreana). Nel 2000 il segretario di stato USA, Madlene Albright, in un viaggio a Pyongyang regalò a Kim Jong-Il un pallone firmato da Michael Jordan. Le relazioni sembravano sempre più distese, fino a quando intervenne quel “grandissimo stratega” di George Bush con il suo “asse del male” e tutto il lavoro fatto venne gettato nel cestino. Basket compreso.
A distanza di 10 anni, il basket è rientrato al centro della diplomazia Corea-USA.
Già nel giugno 2012 una formazione statunitense, il Coaches international, è stata ospitata in Corea per una sessione di allenamenti nelle scuole Mangyongdae e Kang Bang Sok, attraverso il lavoro dell’agenzia Koryo Tours, da sempre attiva nello scambio sportivo tra occidente e Corea Popolare. Tra i fondatori della Coaches International ci sono gli allenatori Greg Hayes e Luck Elie.
Ma l’evento principale è più recente: tra il 27 e il 28 febbraio gli storici Harleem Globetrotter, accompagnati dalla stella del basket NBA Dennis Rodman, ha visitato Pyongyang.
Il primo giorno hanno partecipato ad una sessione di allenamento di una selezione under-18 coreana e il 28 febbraio e si sono esibiti in una partita a ranghi misti con i rappresentanti della squadra Hwaebul dell’Università coreana dell’Educazione fisica al palazzetto Ryugyong Jong Ju Yong Gymnasium, che può ospitare 12.000 spettatori.
Presente all’incontro anche il leader Kim Jong-Un e la moglie Ri Sol-Ju che hanno seguito la partita seduti accanto a Dennis Rodman.
Rodman si è detto favorevolmente impressionato dalla Corea, ha auspicato che i rapporti sportivi tra i due paesi possano continuare e ha omaggiato Kim Jong-Un di una maglia degli Harleem Globetrotter. L’obiettivo, ha aggiunto alla KCNA, è raggiungere una comprensione pacifica e costruttiva tra i due popoli.
Per la cronaca, l’esibizione si è conclusa con uno spettacolare pareggio per 110-110 e i giocatori coreani non hanno sfigurato di fronte ai professionisti americani.
Dennis Rodman, che ha visitato Pyongyang, rendendo omaggio anche alle statue di Kim Il-Sung e Kim Jong-Il, attraverso il suo profilo di twitter ufficiale ha dovuto rispondere alle dure critiche di alcuni suoi detrattori nel suo tipico stile “Io non sono un politico. Kim Jong-Un e i nordcoreani amano il basket. E io amo tutti. Punto. Fine della storia” non lasciando spazio a repliche.
Curiosamente, una delle poche foto trovate di Kim Jong-Un mentre era ospite in un college in Svizzera, nel suo periodo di studio, lo vede con una casacca dei Chicago Bulls numero 91, proprio quella di Rodman.

Ri Myong-Hun: chi è il Soldato Gigante di Pyongyang?

Ri Myong-Hun: chi è il Soldato Gigante di Pyongyang?

Marco Bagozzi, per Stato & Potenza

Per la solita disinformazione occidentale è la prova provata che la censura della Corea Popolare ha mistificato le fotografie del funerale di Kim Jong-Il, per “moltiplicare” la folla che rendeva omaggio al Leader. Una semplice pseudo-verità: un “soldato gigante” in mezzo ai militari schierati è la gaffe del censore nordcoreano che non sa usare bene Photoshop, senza spiegarci perché è enorme solo una persona e non tutta la fila di soldati. Un misto tra disinformazione, incompetenza e malafede, insomma. Soprattutto considerando che la foto non è timbrata Korean Central National Agency, l’agenzia di stampa ufficiale, ma arriva dal servizio dell’Associated Press. Una bufala che, naturalmente, si smonta dopo pochi minuti: basta una breve ricerca su google per scoprire che il “Soldato Gigante” non è un errore, un fotomontaggio mal riuscito o, ancora più assurdo, “tre bambini uno sopra l’altro” (come ipotizzato dal giornale americano The Atlantic).
Il “Soldato Gigante” è Ri Myong-Hun, totem della pallacanestro del paese socialista, stella assoluta dello sport asiatico negli anni 90. E’ considerato uno degli uomini più alti della terra, con i suoi 2 metri e 35 centimetri.
Nato a Pyongyang il 14 settembre 1967, ha giocato, naturalmente, da pivot. Dominante a livello di basket asiatico è uno dei primi estremo orientali a cercare la fortuna nel basket pro americano, che in quegli anni fortemente interessato ai centri di statura imponente (sbarcano in america il sudanese Manute Bol, e il rumeno George Muresan, entrambi 231 cm).
Esplode a livello internazionale durante i Giochi Asiatici Pechino: segna 32 punti nella vittoria contro l’Arabia Saudita (84-82), nel girone di semifinale 34 punti nella sconfitta contro le Filippine (finale 82-98), 38 punti nella sconfitta contro la Cina (120-87) e 34 nella finale settimo-ottavo posto contro l’Iran (sconfitta 88-71)
Nel 1991 Ri guida la squadra coreana al quinto posto della  ABC Championship di Koba, dopo aver superato l’Iran 84 a 97 nella finalina.
Nel 1993 guida la nazionale coreana allo storico secondo posto dei Campionati Asiatici in Indonesia. In finale la RPDC è superata dalla Cina, per 72 a 93. Nella sfida di qualificazione contro l’Iran (vittoria per 88 a 69, il 20 novembre 1993) mette a segno 51 punti, record assoluto dei Campionati Asiatici di tutti i tempi.
Nel 1996, durante il torneo amichevole di Taiwan, Jones Cup, segna 27 punti contro una squadra statunitense di college. Russel Turner, della Wake Forest University è impressionato da Ri “Giocarci contro e’ impossibile, e’ come andare a canestro cercando di superare un albero. E in piu’ Ri e’ dotato: schiaccia senza neppure saltare”.
Nel maggio del 1997, in accordo con il governo di Pyongyang (come hanno più volte ricordato i giornalisti, il Caro Leader Kim Jong-Il era grande appassionato di basket), sbarca in Canada, accolto dai favorevoli pareri degli scout, tra cui il decano degli allenatori canadesi Jack Donohue, e accompagnato dalle “notizie” sulla sua presunta diserzione, smentite dal suo portavoce Peter McAskile: “Il ragazzo ha tutte le carte in regola, visto compreso. I governi canadese e nordcoreano lavorano assieme da anni. Tutto a posto. Ora cerchiamo di risolvere il problema anche con gli Usa”. Si allena anche con la leggenda Kareem Abdul-Jabbar. Per tutti diventa Micheal Ri, in “onore” del suo cestista favorito Michael Jordan. In America è ricordato anche come “Chopstick”, le bacchette kuàizi tipiche della tradizione culinaria orientale. Alla CNN Ri dichiara: “Sono un grande uomo. Voglio testare le mie capacità. Non mi interessa il denaro o la politica. Il Generale Kim Jong-Il vuole vedermi giocare nella NBA, ma grazie a lui vivo una vita molto bella anche a Pyongyang, anche senza un contratto da professionista”. Durante il periodo di allenamento in Canada Ri fa segnare incredibili miglioramenti atletici: il grasso corporeo passa dal 20 al 15 per cento. Il suo peso aumento da 108 a 127 chilogrammi. La sua capacità di salto aumenta da 30 a 40 centimetri.
Cerca un ingaggio nell’NBA, ma la legge federale USA Trade with Enemy Act, impedisce al coreano di essere contratualizzato da squadre americane.
Fallita la possibilità di sbarcare nel basket USA, Ri ritorna in Patria.
Michael Coyne, l’agente che ha cercato di portare Ri in NBA, ha dichiarato: “Era potenzialmente più forte di Yao Ming. Era una macchina dalla linea dei tre punti. Dai 4 metri poteva girarsi e tirare sopra tutti. Penso che la Corea del Nord poteva usare il ragazzo per farsi della pubblicità, per dimostrare che i coreani sono persone normali. E avrebbe funzionato perché Michael era un ragazzo perfetto per mostrare questo. Era un grande lavoratore e aveva un grande carisma”.
Il 31 maggio del 1998, in una storica partita a Pyongyang, si scontrano la nazionale coreana e una squadra statunitense di college. Finisce 127-83 per i coreani, grazie ad ottime prestazioni di Ri e Pak Chol-Jong.
Dopo la partita Jang Ung, segretario del comitato olimpico coreano, dichiara che tre squadre dell’NBA sono interessate a Ri: Miami, Toronto e New Jersey. La NBA sembra propensa a rilasciare il permesso per il tesseramento, a condizione che nessuna percentuale del suo compenso fosse spedita in Corea. Ma un incidente stradale che ha coinvolto Ri, causandogli un infortunio, fa saltare la trattativa.
Nel 1999 partecipa ad due simboliche Partite della Riunificazione tra squadre miste nord- e sud- coreane. Nella sfida di Seul segna 26 punti in 21 minuti.
Ri Myong-Hun è uno degli idoli di infanzia del centro cinese Yao Ming, che ricorda di averlo visto giocare da giovanissimo.
Ai Giochi Asiatici di Pusan (Sudcorea) del 2002 gli appassionati di pallacanestro sognano la sfida tra il 35 enne centro coreano e la fresca prima scelta NBA in semifinale. Ma, nonostante, i 23 punti e 17 rimbalzi di Ri, la RPDC non riesce a superare il Kazakhstan nel girone eliminatorio e viene eliminata dal torneo.
Ma l’impresa più clamorosa di Ri e della nazionale coreana è dell’anno successivo: l’8 dicembre 2003, a Catania, nell’ambito dei Campionati Mondiali Militari, centrano un’epica vittoria contro gli Stati Uniti, con il risultato di 101 a 105. I coreani centreranno il quinto posto finale, dopo aver superato la Croazia nella finalina.
Ri è inoltre il recordman di punteggio della nazionale della Corea Popolare: nel maggio 1998 segna 55 punti in una partita contro la Cina.
Ri fa parte dell’esercito coreano ed è considerato un eroe nel suo paese.