Quando la Corea conquistò Washington

Quando la Corea conquistò Washington
da Stato & Potenza

No, non stiamo parlando di fantapolitica o di videogiochi. Più banalmente parliamo solo di calcio.
Ma prima è necessaria una breve premessa: siamo nei primi anni ’90, la Repubblica Popolare Democratica di Corea rimane uno degli ultimi bastioni del socialismo reale ancora in vita. Il crollo dell’Unione Sovietica e di tutti i suoi alleati, con lo sfaldamento e l’eliminazione dei Partiti comunisti al potere, ha causato uno schock geopolitico di dimensioni enormi. Per Pyongyang è una grossa gatta da pelare, visto che la quasi totalità dei rapporti esteri e dell’economia si reggeva sui rapporti con i “paesi fratelli”. Rimane solamente la Cina, alla quale rivolgersi, ma Pechino non è ancora la grande potenza attuale e alcuni “fraintendimenti” ideologici degli anni precedenti sono ancora sul tavolo.
Il governo, guidato ancora dal Grande Leader Kim Il-Sung, prova ad affacciarsi verso Occidente: è giunta l’ora di trattare con gli ex nemici la pace definitiva della Guerra di Corea (tutt’ora vige solamente un armistizio) e la conclusione della Guerra Fredda. Iniziano quindi le lunghe trattative che porteranno nei primi anni 2000 al riconoscimento ufficiale del governo di Pyongyang da parte di numerosi paesi occidentali e ai primi accordi tra RPDC Corea, Sud Corea e Stati Uniti, prima del famoso intervento di George W.Bush sull’Asse del Male, che fece tornare la diplomazia mondiale indietro di 10 anni.
Anche lo sport ebbe il suo ruolo in queste trattative. Tutto partì con le Olimpiadi di Seul, che nonostante videro il boicottaggio del Comitato Olimpico nordcoreano, misero di fronte le due diplomazie coreane, che cominciarono a parlare raggiungendo dei primi interessanti accordi: nel 1991 una squadra unita coreana partecipò ai Mondiali di Tennis Tavolo di Nogoya, Giappone, e al Mondiale di calcio under-20, giocato in Portogallo. I risultati sportivi ottenuti furono di primo livello: nel tennis tavolo la squadra femminile conquistò il mondiale, mentre nel calcio arrivò addirittura una vittoria contro l’Argentina. Si giocarono anche due storice “Partite della riunificazione” tra le due selezioni coreane con un risultato da par condicio: a Pyongyang vinse il nord, a Seul il sud.
A suggellare il riallacciamento dei rapporti arrivò anche l’invito della United States Soccer Federation: ai coreani fu proposta un’amichevole da giocarsi proprio nella capitale degli Stati Uniti. Un evento unico, senza precedenti!
Per gli americani la partita diventerà una delle sfide del triennio di avvicinamento ai Mondiali 1994, organizzati in casa, mentre per i coreani sarà un’ottima tappa di preparazione per la successiva Coppa d’Asia.
I coreani arrivano dalla guida di Pak Du-Ik, il giustiziere dell’Italia nel 1966, che portò la squadra al girone finale per la qualificazione i Mondiali 1990, che avrebbero permesso un clamoroso rendez vous con l’Italia calcistica e soprattutto con numerosi nazionali protagonisti nella storica cavalcata del 25 Aprile, la formazione militare, che arrivò al quarto posto nella Coppa dei Campioni d’Asia del 1991. Gli statunitensi invece, ad Italia 90 ci andarono pur fermati al girone eliminatorio, ed erano reduci dalla vittoria nella Gold Cup, in finale contro il Messico..
Per preparare al meglio la federazione calcistica coreana decide di affidarsi, per la prima volta, ad un allenatore straniero: la scelta cade sull’ungherese Pal Csernai. 59 anni, giramondo del pallone, da calciatore ha militato nel Karlsrhue e nello Stuggarter Kickers, da allenatore ha guidato il Royal Antwerp Football Club (conosciuto in italiano come Anversa), il Bayern München (con il quale ha vinto 2 Bundesliga e una Coppa di Germania), il Benefica (una coppa del Portogallo), il Fenerbache, l’Eintracht Frankfurt e l’Herta Berlin. Diventa famoso per il “Metodo Pal” un particolare modo di schierare la difesa a zona.
«Sono arrivato a Pyongyang con l’imperativo di preparare al meglio la partita di Washington: mi hanno concesso tre settimane per convocare i giocatori, ma dopo solo 14 giorni ho dovuto presentare la lista definitiva per poter organizzare i visti verso l’America».
Il 19 ottobre al Robert F. Kennedy Memorial Stadium di Washington scendono in campo le nazionali di Usa e Corea. Gli americani, che presentarono anche il nuovo CT Bora Milutinović (altro giramondo del pallone) schierano i loro uomini migliori: Tony Meola, Marcelo Balboa, Desmond Armstrong, Fernando Clavijo, Chris Henderson, Dominic Kinnear, Janusk Michallik, Hugo Perez, Brian Quinn, Eric Winalda.
I coreani scendono in campo con Pak Kyong-Chol tra i pali, Kim Gwang-Min, Kim Kyong-Il, Tak Yong-Bin, Pang Gwang-Chol nella linea difensiva, Ryu Song-Kun, Chong Song-Dok, Choi Yong-Son, Cho Yong-Nam a menare le danze a centrocampo e il capitano Yun Jong-Su [c] (Choi Won-Nam 30′) con il giovane talento Cho In-Chol a guidare l’attacco.
Di fronte a 16.351 spettatori i coreani passano in vantaggio al 13’ grazie a Yun Jong-Su, che al 30’ dovrà lasciare il terreno di gioco per far spazio a Choi Won-Nam. Gli americani trovano il pareggio con una rete dell’attaccante Bruce Murray al 25’. Milutinovic prova a sistemare il centrocampo sostituendo Michallik con Bruce Savane (al 46’), ma dopo solo tre minuti dall’inizio del secondo tempo è Yong Song-Choi a segnare la rete che porta la vittoria a Pyongyang. Inutili l’arrembaggio finale degli americani e i cambi di Kinnear con Ted Eck (64’) e Henderson con Philip Gyau alla partita d’addio alla nazionale (77’), mentre Csernai blinda il risultato con Pak Myong-Hun al posto di Cho In-Chol.
Il ritorno in Patria, su un aereo militare proveniente da Pechino, è un trionfo per i calciatori coreani: «Nonostante siamo tornati di notte, l’aeroporto era illuminato come di giorno, lungo tutta la strada c’erano lunghe file di bambini con fiori e molti politici che hanno accolto molto favorevolmente la squadra» racconterà Pal Csernai.

Marco Bagozzi