Sollevamento Pesi, Lo Sport Proletario

fonte: Stato&Potenza

Nel commentare i risultati dei Mondiali di Sollevamento Pesi del 2013 (a Wrocław, Polonia, la Corea Popolare centrava il terzo gradino del podio nel medagliere, alle spalle di Cina e Russia), la Korean Central News Agency, l’agenzia centrale di Pyongyang, esaltava questo sport come una sorta di simbolo della diversa percezione sportiva tra il modello di sviluppo capitalista e quello socialista. L’agenzia di stampa governativa denunciò la natura prettamente commerciale degli sport nei paesi occidentali. Potenze come Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Canada, Francia o Italia non erano riuscite a conquistare nemmeno una medaglia: «ciò che è decisivo per lo sviluppo dello sport negli Stati Uniti è il mercato e ciò che serve è la “domanda” non la medaglia olimpica o gli interessi del popolo». E continuava: «è un dato di fatto, nella società capitalista lo sviluppo dello sport dipende dal mercato, non da una politica statale e fare soldi è considerato più importante che l’onore della nazione». In occidente vengono quindi abbandonati sport “poco redditizi”, come il sollevamento pesi: «i paesi occidentali non hanno adeguato il sistema aggiornato di allenamento e, di conseguenza, i sollevatori di pesi promettenti non possono sviluppare i loro talenti».

Simbolicamente, Pyongyang ergeva a simbolo dello sport “proletario” o “non allineato” una disciplina povera, poco popolare, per nulla reclamizzata (vedi Marco Bagozzi, Patria, Popolo e Medaglie, Anteo Edizioni).

Gli Stati Uniti, ad esempio, pur essendo al quarto posto nel medagliere di tutti i tempi (alle spalle di Cina, Unione Sovietica e Bulgaria), testimoniando una tradizione vincente in questo sport, non vincono una medaglia dal 2005 (1 bronzo) e per trovare un titolo iridato bisogna tornare a vent’anni fa quando Robin Byrd vinse nella categoria 50 chilogrammi. Forse nella prossima edizione con l’organizzazione in casa, ad Houston, gli americani saranno spinti a fare meglio?

È indubbio che questo sport ha una tradizione consolidata nei paesi asiatici e dell’Europa dell’Est, ma anche Austria, Germania o Francia, ad esempio, hanno ottenuto nel corso della storia grandi risultati (sesti, settimi e diciottesimi nel medagliere assoluto).

In particolare l’Unione Sovietica era la patria di questo sport, visto che il primo paese socialista della storia è tutt’ora il secondo paese per numero di medaglie (appena 3 in meno della Cina) e sommando quelle dei paesi nati dalla sua dissoluzione non ci sarebbe storia per nessuno. Già Gianluigi Bragantin nel lontano 1952 ebbe a rilevare che «ad assistere ad una competizione di sollevamento pesi nell’Unione Sovietica si prova la stessa sensazione che si ha in Italia ad assistere ad una partita di calcio o ad una gara di inseguimento su pista» (Bragantin, Lo sport in URSS, pag. 153).

I mondiali conclusi ieri ad Almaty hanno confermato questa tendenza, con il medagliere dominato dagli stati eurasiatisti non allineati: Cina prima (4-1-5), Corea Popolare seconda (4-1-3), i padroni di casa del Kazakistan terzi (3-2-0), con la Corea che ribalta quelle che erano le gerarchie di Londra 2012 (Cina 5-2-0; Kazakistan 4-0-0, RPDC 3-0-1). Quarta la Russia (2-2-2). Gloria anche per l’Iran e per la balcanica e filooccidentale (ma ancora “proletaria” in campo sportivo) Albania, con un oro a testa. Via via si scende con Bulgaria, Taipei Cinese (Taiwan), Egitto, Indonesia, Turchia, Uzbekistan e Vietnam (solo 1 argento).

Il sollevamento pesi è una disciplina con due specialità, strappo (gli atleti sollevano il bilanciere sopra la testa con un unico movimento) e slancio (i movimenti sono due: bilanciere fino alle spalle e successivamente sopra la testa). Ad ogni categoria sono infatti consegnate tre medaglie: due “piccole” per i primi, secondi e terzi delle rispettive specialità, e una “grande” per i totali. Esiste anche quindi un medagliere allargato, che ha visto dominare la Corea Popolare con 12 ori, 3 argenti e 6 bronzi, con Cina (9-9-11) e Russia (7-5-6) alle spalle. Per la Corea è la prima volta nella storia che vince un medagliere in una manifestazione mondiale, un risultato incredibile se consideriamo che a Pyongyang e dintorni sono circa 900 i pesisti “professionali”, mentre in Cina sono circa 10.000.

Pyongyang ha portato a casa medaglie con i due “fuoriclasse” in campo maschile Om Yun-Chol (a soli 22 anni, oro olimpico, due Mondiali, 1 oro ai Giochi Asiatici e 1 oro ai Campionati Asiatici) e Kim Un-Guk (26 anni, oro olimpico, due Mondiali, 1 oro e 1 argento ai Giochi Asiatici e 1 oro e 1 argento ai Campionati Asiatici). Om, campione nella categoria 56 kg, fa parte del gruppo sportivo del 25 Aprile (esercito), mentre Kim, 62 kg, fa parte dell’Amnokgang (ministero dell’interno). In risposta a chi li accusava di doping l’ex pesista sudcoreano Jang Mi-Ran ha dichiarato: «si allenano, si allenano ancora un poco e poi…si allenano di nuovo» (e va aggiunto, nessun test recente ha mai trovato un pesiste nordcoreano dopato).

Altri titoli nel maschile sono andati alla Cina, con Liao Hui, 69 kg, (già campione olimpico e per la terza volta di seguito mondiale), all’Albania con Daniel Godelli, 77 kg, all’Iran con Kianoush Rostami, 85 kg, e al Kazakistan con Zhassulan Kydyrbayev, 94 kg, e Iljia Ilyn, 105 kg, che hanno fatto esplodere i tifosi di casa. Del 26enne di Qyzylorda, abbiamo già avuto modo di parlare visto che fa parte del Club Polisportivo Presidenziale Astana (http://www.statopotenza.eu/7969/lo-sport-kazako-alla-conquista-del-futuro), oltre ad essere un atleta straordinario, capace di vincere due olimpiadi, 4 mondiali, 2 medaglie d’oro ai Giochi Asiatici. Una vera e propria leggenda nel suo paese. Nei giganti +105 vince il russo Ruslan Albegov, stella del CSKA Mosca e già campione del mondo in carica.

Dominio cinese in campo femminile, con tre ori per Tan Yayun (48 kg), Deng Mengrong (58 kg) e Deng Wei (63 kg), oltre all’oro “rivendicato” della kazaka Zulfiya Chinshanlo (53 kg), rappresentante del popolo dungano (circa 51.000 in Kazakistan), termine utilizzato nell’ex Unione Sovietica per definire i musulmani di origine cinese, tanto da far sollevare polemiche da Pechino sulla reale nazionalità dell’atleta. Per la Chinshanlo nel palmares troviamo anche un oro olimpico e altri due mondiali. Due successi anche per Pyongyang con Ryo Un-Hui (69 kg) e Kim Un-Ju (75 kg) e medaglia nella giornata conclusiva per la russa Tatiana Kaširina (75 kg), con triplo record del mondo.

Il “vento caldo” che soffia sullo sport a Pyongyang (è il motto della via coreana allo sport voluta da Kim Jong-Un), la certezza assoluta ed implacabile di Pechino, la visione del futuro di Astana, la tradizione secolare di Mosca. Queste sono le realtà del sollevamento pesi mondiale. Lo sport proletario che simbolicamente segue la sua “missione eurasiatica”.

Marco Bagozzi