Monthly Archives: dicembre 2011

Recensione su PostCardCult, di Davide Rota

Un bel libro sul calcio in Corea del Nord

Lo ha realizzato Marco Bagozzi di Trieste

Un bel libro sul calcio in Corea del Nord

Un bel lavoro di ricerca, ricco di spunti a carattere socio-politico, con statistiche, biografie dei giocatori e ricostruzioni storiche.
E’ uscito un interessante libro di calcio dal titolo Con lo spirito Chollima: lo ha curato e autoprodotto Marco Bagozzi da Trieste e parla della storia del calcio nella Corea del Nord.
Non potevano mancare approfonditi articoli sul momento chiave della storia del football a Pyongyang, ovvero lo storico 1-0 all’Italia di Edmondo Fabbri quando i presunti ‘ridolini’ (così li aveva definiti un osservatore azzurro) ci fecero fare una figuraccia a livello internazionale. Oltre ai Mondiale del 1966, la Corea del Nord ha preso parte a quelli del 2010 e la mente non può non andare all’attaccante nordcoreano che piangeva durante l’inno nazionale, prima della gara contro il Brasile, caratterizzata da una rete, altrettanto storica, nel finale della gara persa solo per 1-2.
Calcio e storia, sociologia e costume: un ottimo lavoro su uno dei Paesi più misteriosi del pianeta, proprio in questi giorni nelle cronache internazionali, in seguito alla morte del suo leader assoluto, Kim Jong-Il.
Costa 14 euro e può essere richiesto mandando una mail all’autore (calciocorea@gmail.com).

link: http://www.postcardcult.com/articolo.asp?id=3900&sezione=26

Gli appuntamenti del 2012

AFC Challenge Cup
a Kathmandu, Nepal
9 marzo RPDC – Filippine
11 marzo RPDC – Tajikistan
13 marzo RPDC – India
16 marzo eventuale semifinale
19 marzo eventuale finale

Olimpiadi femminili
25 luglio – 11 agosto Londra, Inghilterra

AFC U16 Championship
21 settembre – 6 ottobre in Iran

AFC U19 Championship
1 – 17 novembre negli Emirati Arabi Uniti

AFC Women’s Asian Cup
Data e luogo da decidere

Kim Jong Il e il calcio nordcoreano

Kim Jong Il e il calcio nordcoreano

di Redazione Futbol REBELDe, tradotto da CCF

Il calcio della Repubblica Popolore Democratica di Corea (RPDC) ha vissuto il suo momento più importante sotto la guida di Kim Jong Il. I “chollima” sono diventati una potenza asiatica e hanno ottenuto grandi risultati e ottime prestazioni nei tornei giovanili e femminili.


I grandi media e i giornali al servizio del capitalismo non rispettano ne comprendono la tristezza del popolo nordcoreano per la perdita del loro leader, Kim Jong Il. Hanno assegnato alla RPDC un carattere “ermetico” e “enigmatico”, per obbedire alla campagna di demonizzazione guidata dagli Stati Uniti. Però il calcio ha aperto una porta per questo popolo socialista, che ha superato la guerra fredda.

 

La RPDC, tecnicamente in guerra con il suo vicino capitalista, la Repubblica di Corea, è governata dal Partito dei Lavoratori, che mantiene coraggiosamente il suo sistema socialista, fin dal 1948.

I corani del nord hanno creato un modello socialista autonomo, chiamato la “ideologia Juchè”, che ha permesso al Paese di sopravvivere al collasso sovietico e al embargo statunitense. La RPDC fu inclusa nell’”asse del male” bushiano e ha oscillato tra la pace e la minaccia di guerra.

Nel 1994 il fondatore e Grande Leader de la RPDC, Kim Il Sung, morì. Suo figlio, Kim Jong Il, lo rimpiazzo come capo di Stato e Leader della nazione. Kim Jong Il ha sviluppato l’ideologia Juchè, formulata da suo padre e superò con successo l’ostilità e l’embargo internazionale.

Ma Kim Jong Il fu anche un appassionato del football e promotore dello sport. Sotto la sua guida, la RPDC ha ottenuto importanti risultati sportivi con tutte le sue selezioni, non solo in Asia ma nel Mondo.

Selezioni femminile
Nel calcio femminile la RPDC ha ottenuto imporanti risultati. Con la selezione maggiore ha vinto tre volte il campionato asiatico: nel 2001, nel 2003 e nel 2008. Inoltre ha giocato quattro mondiali: Stati Uniti 1999, Stati Uniti 2003, Cina 2007 e Germania 2011. Curiosamente, nei quattro tornei ha giocato nel gruppo con Svezia e Stati Uniti, potenze mondiali del calcio femminile.

Nel 2007 ottenne il suo miglior risultato, quando arrivò ai quarti di finale, perdendo contro la Germania, futura campione.

La squadra giovanile femminile (under-20) ha partecipato agli ultimi tre mondiali. Fu campion nel 2006 e vicecampione nel 2008. Nella classifica generale è quarta, superata solo da Stati Uniti, Germania e Brasile.

Nel frattempo, nei sei tornei asiatici è stata sempre nei primi quattro posti: nel 2007 ha vinto, nel 2006 e 2011 vicecampione, nel 2004 e 2009 terze e 2002 quarte.

Nella categoria pregiovanile (Under-17) la RPDC è stata la prima campione del mondo nel 2008, quando ha vinto 2-1 contro gli Stati Uniti in finale. Nella seconda edizione del torneo, giocata nel 2010, arrivò quarta.


A livello asiatico, ottiene un primo posto (2007) e due vicecampioni (2009 e 2011). Nell’ultimo torneo ha perso solo contro la squadra vincente, il Giappone. Il secondo posto ha permesso di strappare il biglietto per il Mondiale 2012 di categoria.

Selezioni giovanili maschili

A livello pregiovanile (Under-17), la RPDC ha partecipato a tre mondiali: Perù 2005, quando eliminò l’Italia e arrivò ai quarti di finale. Giocò contro il Brasile, con il quale impatto 1-1 nei tempi regolamentari, ma ha perso ai supplementari. Ha vinto però il premio fair play.

In Corea del Sud 2007, giocando in casa dei rivali storici, si classifica al terzo posto nel gruppo (dietro Brasile e Inghilterra) e fu eliminata nei quarti dalla Spagna, futura vicecampione.

In Messico 2011 fu eliminata al primo round, dopo aver perso contro i padroni di casa (successivi campioni) e pareggiato con Olanda e Congo.

A livello asiatico, i “chollima” sono attualmente campioni, dopo aver vinto il torneo del 2010. Inoltre ha raggiunto due volte il secondo posto (2004 e 2006)

La squadra giovanile ottiene due partecipazioni ai mondiali: 2007 e 2011. In Canada 2007, dopo due pareggi e una sconfitta con l’Argentina, vincitrice del torneo, fu eliminata. In Colombia 2011 quando fu sorteggiata in un “girone della morte” ottenne un pareggio solo contro l’Inghilterra.

Nel campionato giovanile asiatico, che si disputa dal 1959, l’albo d’oro dei “chollima” è ricco. La RPDC ha ottenuto grandi prestazioni negli anni 70, quando ottenne un primo posto (1976, a parimerito con l’Iran), e due terzi posti (1975 e 1978). Nel 1986 fu terza e nel 1990 vicecampione.

Dopo il 2006 è tornato al posto d’onore, per raggiungere il primo posto in un’altra edizione, l’ultima del 2010, titolo che ha dato il biglietto per il Mondiale di Colombia. In totale si conatno quindi tre “corone continentali” giovanili.

Selezione maggiore

Per quanto riguarda il calcio maggiore, il principale risultato della RPDC negli ultimi anni è la qualificazione ai Mondiali di Sudafrica del 2010. Il massimo evento mondiale è stato raggiunto dopo il girone eliminatorio, nel quale la RPDC ha raggiunto gli stessi punti dell’Arabia Saudita, ma si è qualificata grazie alla migliore differenza reti.

La partecipazione sudafricana fu la seconda partecipazione ai mondiali della sua storia, dopo Inghilterra 1966.

Gli ottimi risultati sportivi nordcoreani non si sono riflessi nella Coppa d’Asia, dove non si sono ottenute prestazioni eccezionali. Nonostante, nei sei tornei ufficiali della Confederazione Asiatica del Calcio (AFC) la RPDC è campione in carico in tre: l’AFC Challenge Cup, il campionato under-20 e il campionato Under-17.

La AFC Challenge Cup, che riunisce otto squadre “emergenti” dell’AFC, fu vinta dalla RPDC nel 2010.

I diversi team della Corea del Nord continueranno ad essere rappresentanti del loro popolo. Il calcio, inteso come metafora della guerra, sarà lo scenario in cui la Corea del Nord difenderà l’eredità del suo leader Kim Jong Il. Undici contro undici, i “chollima” possono battere chiunque, anche i più forti.

L’Associazione Sportiva Dilettantistica Stanga di Vicenza publicizza Con lo Spirito Chollima

Marco Bagozzi, “Con lo Spirito Chollima”, 156 pagine 14,00 €

I nostri vari Giovanissimi, Allievi, Juniores (ma anche gli atleti della Prima Squadra) certamente non sanno a cosa andò incontro la Nazionale Italiana  ai Mondiali del 1966 in Inghilterra. Al momento di incontrare la Corea del Nord, nel girone eliminatorio a  gruppi, il commento sui nostri avversari  fu “Corrono come tanti Ridolini”, al punto che il C.T. Edmondo Fabbri non andò nemmeno a vedere la partita, pensando a pianificare i successivi incontri dei Quarti di Finale. Finì invece 1 – 0 per i coreani, che posero fine al Mondiale dell’Italia.

E’ questo il primo libro sul calcio “sonosciuto” della Repubblica Popolare Democratica di Corea (Corea del Nord), ricco di notizie sorprendenti (chi lo sa che in passato un C.T. di Cuba è stato un nord-coreano? O che nel paese asiastico è diffusissimo il calcio femminile? O che i coreani hanno vinto l’edizione 2010 dell’asiatica AFC Challenge Cup) e foto inedite.

“Chollima” , infine, è il mitico velocissimo cavallo alato  della tradizione coreana.

A.S.D.Stanga

A.S.D. Stanga

Generazione di Talenti: Jong Il Gwan

Jong Il Gwan: 1992 – Corea del Nord

Il 19enne coreano Jong Il Gwan è considerato uno dei maggiori talenti del calcio asiatico: John Duerden, esperto di calcio per la BBC e per Sport Illustrated, l’ha inserito nella lista dei 10 giovani più interessanti del continente. L’AFC, Asian Football Confederation, l’ha eletto miglior giovane del 2010, bissando così il titolo di MVP conquistato dopo il Campionato Asiatico Under-19.

Nato a Pyongyang il 30 ottobre 1992, Jong è un attaccante di movimento, che può giocare sia largo sia da punta centrale, molto abile palla al piede, dotato di grande tecnica e velocità.
Dopo aver cominciato a giocare da giovanissimo nella squadra della scuola primaria Pyongyang Hasin e nelle successive selezioni giovanili scolastiche, è entrato nel gruppo sportivo dell’esercito coreano e attualmente milita nella squadra del 25 Aprile, la più forte tra le squadre del campionato della RPDC.
Entra nel giro delle nazionali minori nel 2007 e guida l’Under 16 alla qualificazione per i campionati asiatici di categoria, che si giocano in Uzbekistan, superando il girone contro Australia e Malaysia. L’AFC però, in seguito alla violazione di un regolamento squalifica la RPDC (assieme ad altre 8 nazionali).
Due anni dopo è tra i protagonisti delle qualificazioni al campionato asiatico Under-19 che si giocano in Cina, segnando 7 reti nelle 5 partite del girone, rimanendo a secco solo nella sfida finale inutile contro la Cina, con entrambe le squadre già qualificate.
Sempre in Cina, nell’ottobre dell’anno successivo, si giocano i Campionati Under-19. Jong Il Gwan parte nelle prime partite dalla panchina, ma quando diventa titolare è devastante: segna il gol che chiude la partita contro la Cina nei quarti di finale (2-0), apre le danze nel derby di semifinale contro la Sud Corea (2-0) e mette a segno una fantastica tripletta in finale contro l’Australia (3-2), mettendo in mostra tutte le sue qualità: primo gol supera in dribbling l’intera difesa oceanica con bel tiro di destro, secondo gol anticipa con velocità il difensore avversario prima di calciare a rete di sinistro, terza rete da vero opportunista, approfitta di un errore del portiere e supera i difensori con un leggero pallonetto.
All’unanimità è votato MVP del torneo, in cui brillano anche i talenti del compagno di reparto Pak Song-Chol, un altro “piccoletto tutto pepe”, del difensore Kang Il-Nam e del centrocampist a Ri Hyong-Jin. La RPDC chiude il torneo perdendo solo la partita inaugurale contro l’Uzbekistan e mettendo a segno 12 gol subendone solo 3.
L’exploit dei ragazzi di mister Jo Tong-Sop attira osservatori di tutto il mondo nel paese asiatico. Un osservatore del Monaco, Hedna Mustapha, in un’intervista ad AsiaOne lamenta la difficoltà di contattare la Federcalcio coreana, ma dichiara che la Corea del Nord ha moltissimi giocatori di talento e su tutti svetta Jong il Gwan. Il giornalista di AsiaOne Peter Stebbings si spinge addirittura a chiedersi “Nascerà in Corea il prossimo Messi?”.
Jong, pur essendo un giocatore di grande talento, si mette a servizio della squadra, come dimostrano le prime partite in nazionale maggiore, nella quale gioca spesso come esterno alto di centrocampo. In un’intervista dichiara: «Non mi sento come una stella della squadra, io sono solo uno degli undici giocatori in campo, e se gli undici funzionano come una squadra, vinciamo la partita, altrimenti no».
Con la vittoria nell’under-19 asiatico i coreani si qualificano ai Mondiali colombiani under-20, ma finiscono in un girone “infernale” con Messico, Argentina e Inghilterra: Jong parte titolare in tutte e tre le partite, ma soffre eccessivamente le attese e riesce a mettere in mostra le sue qualità solo nell’ultima sfida contro l’Albiceleste. La RPDC conquista solo un punto, 0-0 contro l’Inghilterra, e patisce due sconfitte contro Messico e Argentina, 3-0, il cui risultato nasconde le buone impressioni messe in campo dai coreani. Tra i talenti messi in vetrina ci sono Jang Song-Hyok, difensore centrale (classe 1991), Mun Hyok, centrocampista tuttofare (1993) e Pak Song-Chol, la spalla di Jong Il Gwan (1991).Da sottolineare il buon mondiale del terzino Kang Il-Nam, addirittura classe 1994.
Prima del Mondiale Jong non esclude un futuro in Europa: «mi piacerebbe giocare all’estero, un giorno, per esempio in Europa, ma ora questa è una seconda priorità nella mia vita, la prima cosa è quella di giocare questo torneo e fare un ottimo lavoro per il soddisfare il Generale (Kim Jong Il, nda)».
Esordisce in nazionale maggiore il 7 aprile 2011, nella sfida di qualificazione per la Challenge Cup contro lo Sri Lanka, subentrando al 23’, e due giorni segna il primo gol, decidendo la partita contro il Nepal, con una rete da opportunista, anticipando il portiere in uscita.
Nelle sfortunate qualificazioni per il Mondiale 2014, Jong è un titolare fisso e prende parte a tutte le partite della nazionale, compresa l’impresa della vittoria sul Giappone a Pyongyang.
Come detto, in nazionale gioca da esterno destro nel 4-2-3-1, ma nelle nazionali minori ha giostrato prevalentemente da seconda punta o da prima punta di movimento “alla Di Natale”, ruolo che predilige.

Intervista di Marco Zenoni, per Stato & Potenza

Spirito Chollima e calcio coreano, Intervista a Marco Bagozzi

http://www.statopotenza.eu/1291/spirito-chollima-e-calcio-coreano-intervista-a-marco-bagozzi

Un argomento decisamente raro, se non unico, soprattutto in occidente. Che cosa ha scaturito in te l’interesse per un calcio trascurato e ai più sconosciuto fino ai mondiali del 2010?
L’interesse è nato proprio poco prima dei mondiali. Mi sono domandato: “ma è possibile che nessuno sappia nulla di questi ragazzi?” Mi sono messo al computer e ho cominciato a “smanettare” cercando tutte le informazioni possibili. Quando ho visto che diventavano sufficienti per un saggio ho cominciato a buttare giù le prime pagine. Le pagine sono poi diventate più di 100 e ho pensato a pubblicare il libro, che contiene anche una bella appendice fotografica, con molte foto introvabili. Il libro è comunque un “working progress”: ho già raccolto altre succulenti informazioni per una prossima pubblicazione.

Il calcio moderno ha un impatto brutale in occidente: in televisione e sui giornali non si parla altro che di calciomercato, di arbitraggi scorretti e vite private dei giocatori. Come viene visto il calcio nella Repubblica Democratica Popolare?
Viene vissuto come uno sport, non come uno spettacolo. Con meno agitazione, meno pressione, meno attenzioni. Lo sport in Corea ha un valore formativo ed educativo, non è massificazione e monetizzazione come avviene in Occidente.

La popolazione Nord Coreana segue con interesse la propria nazionale? Qual è la presenza dei tifosi nella curva negli impegni della nazionale?
Il calcio in Corea non è lo sport più popolare. Prima ci sono sicuramente Taekwondoo, di cui i coreani sono maestri, e Tennis Tavolo. Anche il calcio appartiene alla tradizione sportiva coreana, in quanto i coreani (sia al nord sia al sud) si considerano gli ideatori del calcio, riferendosi al Ch’ukku, uno dei progenitori del “football”. Durante le partite della nazionale gli stadi sono pieni, ma spesso silenziosi e attenti. Solo nell’ultima partita, quella contro il Giappone, vinta dai Chollima per 1-0, si è assistito ad uno spettacolo unico, con tifosi caldi, coreografie ed entusiasmo di tutta la popolazione. Ma era una partita dal significato particolare.

Ci sono attualmente calciatori Nord Coreani che giocano nel calcio “che conta”?
C’è Pak Kwang Ryong, giovanissimo attaccante del Basilea, primo in classifica nel campionato svizzero e qualificato agli ottavi di Champions League. In Europa ci sono altri 5 giocatori, ma tutti in campionati minori. 3 invece sono i Zainichi (coreani etnici nati in Giappone) che giocano nel paese nipponico e 2 giocano nella squadra che ha vinto il campionato mongolo. Ma in futuro spero che i giocatori coreani possano aumentare in Europa: il libro nasce anche per “pubblicizzare” i giovani talenti, su tutti Jong Il Gwan, miglior giovane asiatico dello scorso anno.

A quando risale la prima comparsa della nazionale Nord Coreana sul calcio mondiale?
E’ la prestazione “storica” del 1966, immortalata in uno splendido documentario inglese The Games of their lives e molto trattata nel libro. I coreani arrivarono, prima squadra asiatica della storia, ai quarti

Lo Stato è interessato ai risultati della propria nazionale? La voce che circolava agli scorsi mondiali, di una punizione esemplare ai danni della nazionale, era vera?
I risultati della nazionale hanno fatto più discutere in Occidente che in Patria. La scarsa esperienza internazionale era messa in conto dai tecnici e al ritorno a Pyongyang i giocatori sono stati festeggiati e ringraziati dalle autorità.Ovviamente le voci delle punizioni erano completamente campate in aria e sono state smentite dai fatti, dalle testimonianze e dalle inchieste della Fifa. Nel libro c’è una vasta ricostruzione di tutte le “bugie” raccontate durante il mondiale.

Qual è stata secondo te la miglior prestazione, non necessariamente vincente, fornita dalla nazionale nel corso della sua storia?
Nel libro parlo anche del calcio femminile: la più grande prestazione è quella della nazionale under-20 campione del mondo del 2006, dopo un torneo stradominato. A livello maschile ci metterei una vittoria “particolare”: quella dei Giochi Asiatici del 1978 a pari merito con la Sud Corea. In finale le due squadre non andarono oltre allo 0-0 e salirono sul gradino più alto del podio assieme e si unirono in un enorme abbraccio.

Cosa si prospetta per il futuro della nazionale della RPDC? Ha possibilità di presentarsi ai prossimi mondiali, magari a testa alta, come nel precedente mondiale?
I prossimi mondiali, ahimè, sono andati. La Corea è capitata in un girone di ferro con Giappone e Uzbekistan. Ma la nazionale è in crescita, i giovani (campioni d’Asia under-19 e under-16 in carica) sono in crescita, le aperture alle squadre europee potranno permettere di offrire maggiore esperienza internazionale. L’unico aspetto che andrebbe decisamente perfezionato è l’aggiornamento tattico dei tecnici delle nazionali: sono ancora formati sulle strategie tattiche del calcio sovietico degli anni 80-90.

Recensione di Alec Cordolcini, Guerin Sportivo, di Con lo Spirito Chollima

La Corea del Nord nel pallone

http://blog.guerinsportivo.it/ilmondosiamonoi/2011/12/21/la-corea-del-nord-nel-pallone/

 

Della Corea del Nord calcistica in Italia ci si ricorda per i “Ridolini” del 1966 (ma per gli Azzurri non ci fu proprio niente da ridere) e per le lacrime di Jong Tae-Se in mondovisione nel 2010, prima della partita contro il Brasile. Notizie di folclore, di costume, talvolta bufale inventate di sana pianta, come le persecuzioni ai giocatori dopo i due Mondiali. Con il libro “Con lo spirito Chollima” Marco Bagozzi, analista e collaboratore della rivista di studi geopolitici Eurasia, ha voluto ribaltare la prospettiva, ripercorrendo la storia della nazionale di calcio nordcoreana dalle origini ai giorni nostri. Impresa tutt’altro che facile, visto che stiamo parlando di uno dei paesi più isolati al mondo nel quale è spesso impresa ardua arrivare al cuore della notizia, sospesi tra il pluri-decennale lavaggio del cervello effettuato dal regime e la contro-propaganda politica della vicina Corea del Sud.

Accanto alla ricostruzione delle due spedizioni mondiali, il libro racconta anche episodi e personaggi meno noti come la partecipazione ai Mondiali under-20 del 1991 di un’unica squadra coreana formata da giocatori del Nord e del Sud, oppure l’avventura del tecnico Kim Yong-Ha sulla panchina cubana.

Si può discutere lo stile dell’opera, che presenta tutti i difetti dell’auto-produzione (refusi, mancanza di editing, uso eccessivo di note), non la passione e l’impegno profuso nella realizzazione di un libro dal potenziale commerciale pari a zero. Eppure assolutamente degno di lettura, almeno per coloro che, saturi di Ibrahimovic, Balotelli e Barcellona miglior squadra di sempre, intendono concedersi un’ora d’aria esplorando mondi lontani e in gran parte ancora inesplorati.

“Con lo spirito Chollima” (156 pagine, € 14,00) può essere acquistato scrivendo una mail a calciocorea@gmail.com

 

Recensione di Andrea Pira, China-Files, di Con lo Spirito Chollima

Corea del Nord – 55 anni di calcio a nord del 38° parallelo

Andrea Pira | 16-12-2011 – 14:00:37
Con lo spirito Chollima è il libro di Marco Bagozzi sulla storia del calcio a nord del 38° parallelo. Dal mondiale del ’66, quando la selezione di Pyongyang vinse contro gli azzurri di Rivera e Mazzola grazie al loro “calcio totale”, allo sport come propaganda e strumento politico anti-imperialista.

Con almeno un lustro di anticipo sull’Ajax degli anni Settanta, il calcio totale fu quello di un dentista, o almeno per anni ritenuto tale, nordcoreano e dei suoi compagni in maglia rossa. “Un gioco estremamente dinamico, molto muscolare”, scrisse il giornalista sportivo Enzo Foglianese, “La Corea del Nord lo praticò con primitiva aggressività e senza pensare in grande, cioè senza pensare”.

È uno dei passi di Con lo spirito Chollima (14 euro, 156 pagine, per ordinarlo scrivere a: calciocorea@gmail.com), carrellata di Marco Bagozzi* in cinquantacinque anni di calcio a nord del 38° parallelo. Il titolo del libro rimanda al nome del leggendario cavallo alato che con pochi balzi copriva lunghissime distanze, portato a simbolo del lavoro collettivo e delle rivoluzione avviata del fondatore dello Stato Kim Il-sung.

L’Eterno leader prima della partenza dei rossi per il Mondiale di calcio del 1966 in Inghilterra esortò così i suoi: “Non aspettatevi di vincere la Coppa, ma una o due partite sì”. E una la vinsero. A Middlesbrough contro l’Italia allenata da Edmondo Fabbri, eliminando dal torneo gli azzurri che potevano schierare Gianni Rivera, Sandro Mazzola, Enrico Albertosi e Giacomo Bulgarelli.

Fu un disastro o come è ormai passato nel gergo sportivo “una Corea”. A differenza di Johan Cruijff e degli olandesi fantasiosi in campo, quanto liberi fuori, ai nordcoreani furono però fatali, così raccontano le cronache, i festeggiamenti cui si abbandonarono dopo la vittoria e prima della sfida con il Portogallo di Eusebio.

Piaceri “borghesi”
che costarono ai giocatori la sconfitta con i lusitani e l’internamento al ritorno in patria. Sebbene altre ricostruzioni parlino di un accoglienza da eroi. D’altronde, come si legge nell’introduzione, il calcio è un po’ una metafora.

La strategia all’attacco degli anni Sessanta rappresentava lo spirito di un “popolo giovane”, quando erano trascorsi pochi anni dall’indipendenza e dalla fine della guerra contro i cugini del Sud, anni in cui anche lo sport era uno dei fronti nella battaglia contro l’imperialismo. Tanto da stupire tutti nel mondiale britannico sostenendo che in Corea il calcio fu inventato prima che in Inghilterra.

Il ritorno delle maglie rosse alla ribalta mondiale nel 2010 ha avuto invece tutt’altro sapore. Se, come dice il boemo Zeman, ai calciatori piace attaccare, al contrario la Corea del Nord arrivata in Sudafrica lo ha fatto difendendosi. Stessa strategia usata nello scacchiere internazionale, riparando in una politica autarchica e rafforzando il proprio esercito, il quinto più grande al mondo.

Fin dalla divisione tra le due Coree, lo sport ha inoltre caratterizzato le trattative tra il Nord comunista e il Sud filo-occidentale con diversi tentativi di presentare una squadra unica che rappresentasse tutta la penisola. Un traguardo raggiunto nella cerimonia inaugurale delle Olimpiadi di Sidney, in cui Seul e Pyongyang sfilarono sotto un’unica bandiera, ripetendosi poi ad Atene nel 2004 e a Torino nel 2006 per i Giochi invernali.

[Foto credit: kaffny.com]

*Marco Bagozzi è giornalista freelance e membro della Korean Friendship Association

Intervista di Alec Cordolcini a Marco Bagozzi

Un’idea che non Chollima

 per il blog Nuovo Indiscreto:

di Alec Cordolcini
“Con lo spirito Chollima” è un libro di Marco Bagozzi dedicato al calcio nella Corea del Nord, uno dei paesi più isolati e “sconosciuti” al mondo. Una pubblicazione “no commercial potential” (per dirla come il buon Frank Zappa) della quale abbiano parlato con l’autore, analista politico e collaboratore della rivista di studi geopolitici Eurasia.
Quali sono le motivazioni che si celano dietro un’iniziativa folle, dal punto di vista editoriale, quale pubblicare in Italia un libro dedicato alla storia del calcio nella Corea del Nord? Innanzitutto “iniziativa folle” mi piace come espressione. Dietro a questo lavoro c’è una passione: già da anni seguo l’andamento della politica nordcoreana, durante i mondiali ho cominciato ad interessarmi anche di questo aspetto. Mi sono posto la domanda: “Ma è possibile che nessuno sappia niente di questi ragazzi?”. Ho cominciato a raccogliere materiale, dati, storie, statistiche, ho aperto un blog e ho cominciato a buttare giù le prime righe, con l’idea di farne un breve saggio. Poi le pagine sono diventate troppe ed è partorita l’idea del libro.
Nei regimi totalitari lo sport è sempre stato utilizzato come strumento di propaganda del regime. Come funzionano le cose nella Corea del Nord?

Dal mio punto di vista in tutti i sistemi politici lo sport viene usato come strumento di propaganda. Giusto per citare un esempio, ricordo la scelta degli Stati Uniti di scendere in campo con la formazione pro di pallacanestro proprio in seguito ad una sconfitta contro l’Unione Sovietica, dall’alto valore politico. In Occidente un campione sportivo deve essere anche un personaggio pubblico e, sotto alcuni aspetti, il talento viene sottovalutato rispetto a bellezza, simpatia, fotogenia. In Corea, invece, gli sportivi vengono esaltati per le loro imprese e ogni vittoria viene vista come trionfo del sistema formativo. Ma questa esaltazione della vittoria non oltrepassa il campo puramente sportivo. Anzi, spesso il regime elogia, attraverso l’Agenzia di stampa ufficiale (la KCNA), dei semplici “maestri di sport”: allenatori giovanili che vengono ringraziati per il loro apporto nell’aspetto formativo ed educativo dei ragazzini.
Le punizioni ai giocatori dopo i Mondiali del 1966 e del 2010 (si parlò ad esempio del ct Kim Jong-Hun spedito in un cantiere edile) si sono rivelate notizie assolutamente infondate. A tuo parere qual è il motivo alla base di questa campagna di disinformazione?
C’è sicuramente un aspetto propagandistico: le notizie arrivavano dai media sudcoreani e da Radio Free Asia, un progetto finanziato direttamente ed esplicitamente dal Dipartimento di stato USA. Si sommano poi aspetti “folkloristici” (i soliti comunisti e i gulag) e il pressappochismo di alcuni giornalisti. Il punto fondamentale da capire è che i risultati della Corea del Nord hanno fatto discutere più in Europa che in Corea.
Come sono percepiti in patria i giocatori nordcoreani che militano all’estero? Penso principalmente alla stella Jong Tae-Se, che però in Corea del Nord addirittura non ci ha mai vissuto. Come viene vista la sua carriera in un paese nel quale un’icona quale Pak Doo-Ik dichiara: “Vendere un mio calciatore ad una squadra italiana? Da noi non si vendono le persone”?
Jong Tae-Se è una questione a parte: è nato in Giappone, da genitori coreani. Ha scelto di militare per la Repubblica Popolare, ma la sua carriera non è sottoposta alle regole del governo coreano. Nonostante ciò in Corea (anche al Sud) è uno dei calciatori più conosciuti e stimati. I coreani che giocano in Europa sono attualmente cinque, tutti molto giovani: la loro militanza all’estero è vista come una sorta di “erasmus calcistico”, uno stage. Vanno all’estero per migliorarsi e tornare più competitivi in Patria e assicurare alla nazionale prestazioni migliori.
A proposito di Pak Doo-Ik, da dove è nata la bufala sulla sua professione di dentista?
Onestamente non l’ho capito. Ho anche consultato i giornali dell’epoca e già allora si parlava di “un dentista”. Potrebbe trattarsi di un errore di traduzione o di una vera “leggenda metropolitana”.
Partecipazione ai Mondiali a parte, qual è l’episodio che più ti ha colpito nel ricostruire la storia del calcio Chollima?
Due i momenti particolari: Giochi Asiatici del 1978, le due Coree arrivano in finale. La partita finisce 0-0 e le due squadre salgono entrambe sul primo gradino del podio (all’epoca non c’erano i rigori) e festeggiano la medaglia. Mondiali under-20 del 1991: i due governi coreani scelgono di portare una squadra coreana unita. Nella prima partita incontra l’Argentina e vince 1-0. Due momenti significativi, particolarmente importanti per chi conosce la volontà di unità del popolo coreano.
Sostieni che, essendo la Corea del Nord ancora un paese socialista, il dilettantismo degli atleti rimane un punto fermo. Ma quanto c’è di vero? Anche la DDR spacciava i suoi atleti come dilettanti, ma in realtà le loro erano professioni solo di facciata (ricordo Peter Ducke “apprendista saldatore”…).
Non sono dilettanti nel senso comune del termine: da loro funziona un sistema simile ai nostri “corpi sportivi d’arma”, nei quali gli atleti sono di fatto allenati come professionisti.
Ho budget per un solo libro. Perché dovrai comprare “Con lo spirito Chollima” anziché la biografia di Ibrahimovic?

Perché di Ibrahimovic già conosciamo tutto. Che senso ha leggere un libro di cui conosco già il contenuto?

Intervista di Alec Cordolcini, 16 dicembre 2011

L’eccezionale calcio della Corea del Nord

L’eccezionale calcio della Corea del Nord

 

di Giovanni Armillotta

Giovanni ArmillottaRUBRICA LE VERITÀ NASCOSTE. Prendendo spunto da ’55 anni di calcio della Repubblica popolare democratica di Corea’ di Marco Bagozzi, parliamo del valore tecnico e storico del calcio fra le mura dello “Stato eremita”. La geopolitica del pallone comunista eretico.

Una delle più grandi ingiustizie storiografiche calcisticheè la gloria attribuita da terzi alla Corea del Nord per il solo fatto di aver battuto l’Italia quarantacinque anni fa ai Mondiali. Una nazionale, la nostra, per giunta mediocre in quanto impostata sul consunto e acciaccato blocco bolognese. Furono soltanto sfiorate dalle convocazioni le due più forti squadre d’allora: i campioni del mondo e d’Italia in carica dell’Internazionale, e il Napoli di Fiore e Pesaola.

Ero bambino, ma ricordo benissimo quando l’allenatore Edmondo Fabbri comunicò la formazione “coreana”: tutti si stupirono che Bulgarelli – col ginocchio a pezzi – scendesse in campo (allora non erano previsti cambi!) e non fosse stato sostituito dal napoletano Juliano. La Repubblica democratica popolare della Corea non poteva far altro che vincere.

I nordcoreani per beccarsi quest’immeritata fama di “ammazzitaliani” ebbero, appunto, la disgrazia di capitare con la nazionale del paese che albergava il più forte partito comunista occidentale. A quel tempo, il clima pre-brigatista “bevemo e magnijamo”/Patto di Varsavia-Roma-Pci non solo apportava frutti appetitosi [1], bensì aveva commissionato agli ‘embedded’ caserecci un vasto “asse del male” nel cortile di casa, costituito da Albania, Cina e, appunto, Corea del Nord, su cui scaricare le proprie frustrazioni da “antistalinisti si nasce”, parafrasando ‘ex ante’ Enrico Vaime.

Per giustificare la perfidia dello Stato eremita, la pubblicistica pilotata di cui sopra (la quale aveva, per mera negligenza, ben poche notizie sui “misteriosi” asiatici) arrivò addirittura alla bufala intercontinentale che la nazionale comunista coreana si fosse allenata tre settimane nell’impenetrabile paese di Enver Hoxha per acclimatarsi all’atmosfera europea e abbattere il dominio calcistico dei capitalisti occidentali e dei revisionisti sovietici.

Non vi dico l’imbarazzo quando si seppe che i figli di Kim Il-sung avevano invece soggiornato sul suolo dei più fedeli alleati di Mosca: la Germania Democratica. Sarebbe bastata una telefonata da Berlino ovest a est, da parte di qualche collega [2], nemmeno da Pulitzer, per saper tutto, e non far passare il poco scibile filtrato come fosse un dono della Cia. Siccome tutto ciò di realmente comunista doveva passare per terrorizzante (eccettuato quindi il bepponismo-doncamillismo), furono inventate le più colossali castronerie della storia del giornalismo sportivo e non solo.

Il “famigerato” Pak Doo-ik, autore della rete contro l’Italia, fu trasformato in dentista. Ossia la raffigurazione di un rispettato professionista che in Occidente avrebbe avuto ben altre funzioni ed emolumenti che non tirare calci al pallone per guadagnarsi miserevolmente da vivere. Mi ricordava quel manifesto stampato dalla Dc alla vigilia del 18 aprile 1948: “Cittadino, sveglia! Gli attori di Hollywood mai voterebbero Fronte popolare!”. E ci credo! Comunque, Pak era un caporal-maggiore dell’esercito con ruolo di tipografo. Le fesserie non sono finite qui, v’erano pure per il dopo.

Data l’eliminazione nei quarti di finale ad opera del Portogallo (da 0-3 a 5-3 con l’aiuto decisivo dell’arbitro israeliano [3]), la stampa s’inventò che i calciatori coreani, al ritorno in patria, erano stati puniti severamente per i loro festeggiamenti borghesi all’indomani della vittoria con l’Italia. Tutti arrestati, deportati, torturati, fucilati, eccetera. Lo stesso Pak fu ollivuddizzato quale autore di un’avventurosa “fuga per la vittoria” da un campo di concentramento nel 1997.

Ai peregrini depositari di tali verità era completamente sfuggito – in malafede – che i calciatori rossi furono accolti trionfalmente al loro arrivo a P’yŏngyang e che Pak & Co. svolgessero normale vita e attività sportive. Quest’ultimo è stato commissario tecnico della nazionale alle Olimpiadi 1976 e alle qualificazioni per i Mondiali del 1990. Tutti assieme tornarono nel 2002 a Middlesbrough, ove i figli della classe operaia di fine anni Sessanta accolsero i loro beniamini con grande affetto.

Non mi spiego ancora come mai le tv e le radio italiane nel luglio 1966 si meravigliassero che allo stadio di quella città tutti i lavoratori inglesi tifassero per la rossa Corea del Nord e non per l’Italia bianco-rosata. Se giocassero Inghilterra e Corea del Nord, perché dovrei tifare per la prima?

Quanto raccontato è una minima parte di ciò che leggiamo nel recente libro di Marco Bagozzi, Con lo spirito Chollima. 55 anni di calcio della Repubblica popolare democratica di Corea (4). Il volume percorre le vicende del calcio internazionale nordcoreano dal 1955 al 2010. Esse sono strettamente collegate alle attività dei paesi socialisti con i quali lo sport di P’yŏngyang s’è confrontato per lungo tempo.

Si scoprono tornei di grande valore tecnico, completamente sconosciuti in Occidente a causa dell’autocensura della stampa sportiva europea ed italiana, dovuta non a disinteresse da parte di tifosi e appassionati bensì – al contrario – col proposito che il silenzio facesse pensare all’inesistenza di altri fenomeni che non fossero i soliti. Della “nostra” stessa Mitropa Cup si parlava poco, e solo se c’era qualche italiana, poiché era considerata una manifestazione dominata dai comunisti.

Andando più in là nelle pagine esploriamo tornei intercontinentali (come i Ganefo) in cui l’impatto geopolitico si commisurava alle presenze dei paesi emergenti e in via di sviluppo: quel Terzo Mondo senza regole e non allineato, guidato dal predetto “asse del male” che faceva storcere la bocca ai funzionari sportivi di Cio, Fifa, Usa e Urss. Notevole spazio è dedicato sia ai Campionati nazionali coreani dal 1921 sia agli sforzi unitari operati dal calcio del Nord.

Apprendiamo, inoltre, con vero stupore che calciatori nordcoreani giocano all’estero dal 1998 e allenatori siedono su panchine straniere addirittura dal 1970. Rilievo fondamentale è dato dall’autore al calcio femminile, di cui la Rdp della Corea è fra le massime interpreti a livello mondiale.

Il testo, infine, è corredato da foto rarissime, comprese immagini di manifesti sportivi e riproduzioni di francobolli commemorativi. I dati statistici sono ben curati ed è illustrata ricca bibliografia che rende l’opera unica nel panorama saggistico italiano.

(1) Prima ancora della Fiat nella citta russa di Togliatti (erroneamente detta: Togliattigrad), cfr. p. 59 di Giovanni Armillotta, ‘Percezione geopolitica dell’Inter fra Occidente e Oriente’, in Qs Limes 2/2005 “La palla non è rotonda“.
(2) Così come fece l’Unità con le corrispondenze di Roberto Frosi dal territorio tedesco-orientale.
(3) Non per nulla la Rdp della Corea alle eliminatorie per i Mondiali messicani del 1970 si ritirò nel sottogruppo B del gruppo 14 Asia-Oceania, composto da: Australia, Israele e Nuova Zelanda.
(4) “Chollima, il leggendario cavallo alato, poteva coprire un migliaio di ri in un sol balzo, superando altissime montagne e vaste distese, attraverso nebbia e nuvole. Questa è l’origine del ‘movimento Chollima’, un movimento collettivo ed innovatore dei lavoratori, che simbolizza la velocità vertiginosa della costruzione dello spirito rivoluzionario della Corea” (Baik Bong, ‘Kim Il Sung’, 1960-1970, vol. II: ‘From Building Democratic Korea to Chollima Flight’).

(14/12/2011)